Dal presente al passato, dal Muos all’invasione della Sicilia

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di Salvo Barbagallo

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Dal presente al passato e viceversa: i conti, alla fine, tornano sempre.

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Il presente: Non poteva essere diversamente, e la “notizia” è passata (si può ben dire) inosservata, raccolta e pubblicata (per quel che si è potuto vedere) solo dal giornale online “meridioNews” con un servizio di Salvo Catalano dal titolo “Muos, Procura presenta ricorso contro assoluzioni «Non serve alla difesa nazionale, ma solo agli Usa»”. Scrive Catalano: Ad aprile i quattro accusati di abusivismo per la costruzione del sito di telecomunicazioni sono stati assolti. Adesso il Procuratore capo di Caltagirone si appella, sostenendo che non può esistere nessuna deroga alla legge ambientale, perché quelle parabole non servono alla tutela dell’Italia. «Il Muos ha quale esclusiva funzione il coordinamento degli apparati militari americani ubicati in tutto il mondo, ma in alcun modo può servire alla tutela della Nazione Italiana. Per queste ragioni lo Stato Italiano non ha alcuna competenza su quella struttura se non un mero potere di vigilanza». Lo scrive il procuratore capo di Caltagirone, Giuseppe Verzera, nel ricorso che ha presentato contro la sentenza di assoluzione nel processo penale per la costruzione del Muos di Niscemi (…).

Catalano sottolinea: il giudice di primo grado ha assolto i quattro imputati (n.d.r.: il dirigente della Regione Siciliana Giovanni Arnone e tre imprenditori (il presidente della Gemmo Spa che ha vinto l’appalto, Mauro Gemmo, e i titolari di due imprese di subappalti: Concetta Valenti e Carmelo Puglisi) che avevano scelto il rito abbreviato, sostenendo che «per le opere destinate alla difesa nazionale vige un regime derogatorio in virtù del quale possono essere realizzate anche se la zona su cui insistono è sottoposta a vincolo assoluto di inedificabilità ed essendo il Muos un’opera destinata alla difesa nazionale non è, conseguentemente, necessario alcun titolo abilitativo (…). Ora la Procura contesta apertamente tale decisione. Nel ricorso si legge: il Muos è un moderno sistema di telecomunicazioni satellitare della marina militare statunitense, composto da cinque satelliti geostazionari e quattro stazioni di terra, di cui appunto una a Niscemi, dotate di tre grandi parabole del diametro di 18,4 metri e due antenne alte 149 metri. È utilizzato per il coordinamento capillare di tutti i sistemi militari statunitensi dislocati nel globo, in particolare i droni, aerei senza pilota che saranno allocati anche a Sigonella (…). La struttura in questione non è affatto un’opera statale, ma appartiene agli Stati Uniti d’America che l’hanno realizzata con propri fondi ed è destinata esclusivamente alla difesa di quello Stato, non anche di altri o di quello italiano. Si è pertanto in presenza di un’opera abusiva perché edificata sulla scorta di provvedimenti amministrativi palesemente illegittimi e come tali disapplicabili dal Giudice penale». Il procuratore capo Giuseppe Verzera, di conseguenza, torna a chiedere la condanna per tutti e quattro gli imputati, anche se per il reato è prossima la prescrizione.

Ineccepibile il ricorso del procuratore capo di Caltagirone Giuseppe Verzera, anche se – purtroppo ne siamo convinti – l’iniziativa cadrà nel vuoto in quanto andrà a scontrarsi con la normativa (quasi tutta ancora mantenuta a tutt’oggi secretata) degli Accordi bilaterali Italia-Stati Uniti d’America. Accordi che hanno violato in tanti e tanti punti il Trattato Internazionale di Pace di Parigi del 10 febbraio del 1947.

A pochi giorni del 75° anniversario dell’invasione della Sicilia – anche questo un “evento” passato (quasi) inosservato – pochi hanno rilevato che dall’invasione si è passati all’occupazione stabile di “pezzi” di territorio nazionale da parte di forze militari straniere (appunto quelle statunitensi), con tutti i risvolti negativi che comporta sulle collettività, una occupazione imposta da “accordi” non passati dalla volontà popolare

In un momento in cui l’attenzione è rivolta (quasi) principalmente alla “questione migranti” da salvare, devono essere taciute le implicanze di “natura bellica” che comporta la presenza “militare straniera” sul territorio nazionale. Gli apparati di guerra “stranieri” in Sicilia non hanno di certo lo scopo di difendere l’Italia da chissà quale nemico, ma (purtroppo) presuppongono azioni di guerra, così come evidenziato dal quotidiano “La Repubblica” il 21 giugno scorso con l’inchiesta dall’eloquente titolo “Libia, la guerra segreta dei droni partiti da Sigonella – Svelati 550 raid USA in Libia quasi tutti da Sigonella”.

Ogni cosa ha avuto inizio il 10 luglio del 1943: dall’invasione all’occupazione militare della Sicilia: il passato è l’attuale presente.

 

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